5 giugno 1989: Pechino, piazza Tien An Men.
Per me, studente quasi diciassettenne, in un liceo classico milanese piuttosto anarchico, era un’emozione forte vedere ragazzi poco più che miei coetanei, dall’altra parte del Mondo, combattere per una libertà di cui facevo fatica a percepire il valore perché scontata: la libertà di espressione.
Fu un’emozione ancora più forte capire che era andata a finire male. Molto male. Incredulità. Ma come si può? Con ragazzi giovani, con il tuo futuro.
Ancora oggi, ogni 5 giugno, mi pervade un senso di fastidio, di nausea.
Proprio in quei giorni, attaccato alla tv a cercare di capire qualcosa, trascorrevo le mie giornate in una condizione di salute precaria, di energia bassissima. Non conoscevo le cause, avevo atteso di finire la scuola per dedicarmi ad accertamenti diagnostici e il primo responso, di un chirurgo, non fu incoraggiante.
“Venite in ospedale dopodomani – disse a me e mia madre che mi accompagnava ovunque – può essere qualsiasi cosa…” A diciassette anni non era normale avere mancamenti per la strada, vista la situazione l’accompagnatore era d’obbligo.
Dopodomani siamo in ospedale, esame, dolore lancinante, anestesia da smaltire, diagnosi: morbo di Crohn.
Un viaggio inizia sempre con un piccolo passo; quello fu il mio. Cos’è? Ma che malattia è? E adesso? Ma è grave? Posso morire? Cosa non posso fare? Per quanto tempo? Ma come cronica? Come “per sempre”? Cosa vuol dire? Impossibile…
La stessa incredulità nel sapere che l’esercito cinese aveva massacrato giovani studenti disarmati.
La stessa domanda: ma come è possibile?
Fu un anno eccezionale il 1989.
Qualche mese dopo Tien An Men, il muro di Berlino crollò sotto le picconate di chi la libertà aveva dovuto sognarla attraverso una finestra murata. I regimi dell’est Europa saltarono uno per uno come tappi di spumante.
Tranne uno, in Jugoslavia, dove iniziò un conflitto che ebbi la sfortuna di predire al tema dell’esame di Maturità: “Scritto bene, eh, spero solo che lei sia cattivo profeta…”
Mi spiace. Studia la Storia e conoscerai il futuro.
La Storia stava scrivendo pagine importanti.
Anche la mia storia stava scrivendo qualcosa. Qualche scarabocchio, ancora smarrita e spaventata. In attesa di capire, di orientarsi. La mia storia assomigliava molto di più al conflitto balcanico. Una sofferenza atroce, crudele, di cui si faticava a vedere la fine.
Forse per questo l’avevo prevista.
Ragazzi come me. Un poster in cameretta.
E ogni mattina in ospedale. Per tutta l’estate.
Nel 1989.