Nella nostra vita quotidiana, siamo sempre “qualcuno” in relazione alle persone con cui ci relazioniamo.
Siamo un figlio, un genitore, un coniuge, un amico, un collega, etc. Ricopriamo ruoli diversi e talvolta siamo persone diverse a seconda dell’ambito in cui ci troviamo.
Sono sempre stato affascinato dalla metafora che Annie Marquier utilizza nel suo libro “Usare il cervello del cuore” per spiegare il funzionamento del nostro cervello.
Un carro, un cavallo, un cocchiere, un padrone.
Ho ripreso con grande piacere questa immagine nel mio libro “A mente serena” perché si presta molto bene ad introdurre diversi temi. Uno di questi, per esempio, è il dialogo interiore o il “parlamento interiore”, definizione che il filosofo tedesco Wilhelm Schmid spiega nel suo saggio “L’amicizia per se stessi“.
La Vita come una commedia
Insomma, non siamo una persona sola.
Non spaventiamoci.
Anzi, è un buon motivo per esaltarsi: conteniamo moltitudini, infinite possibilità a disposizione.
Una metafora che ho sviluppato personalmente e che mi piace spesso raccontare è quella dei tre ruoli che siamo chiamati a ricoprire nel grande teatro che è la Vita.
Che la nostra esistenza su questo pianeta sia breve o lunga, che possa essere più assimilabile ad una commedia o una tragedia, abbiamo la necessità di imparare e svolgere nel migliore dei modi tre differenti ruoli.
Ecco quindi che avere una moltitudine di voci o recitare parti diverse in contesti diversi può essere visto come una opportunità interessante.
Vediamo con attenzione quali sono questi tre ruoli a cui mi riferisco.
Il regista
In ogni narrazione che si rispetti, la sceneggiatura è fondamentale. Occorre dedicare tempo, energia, ricerche; è molto utile domandarsi dove e come indirizzare la trama, se e quando inserire colpi di scena e cambi repentini. Naturalmente il regista è la parte di noi che pianifica, progetta, dirige.
I migliori registi, si dice, scelgono attori molto bravi per ricevere da loro un personale apporto che arricchisce ed impreziosisce il racconto.
Se al contrario non viene lasciato spazio agli altri due, ingabbiando rigidamente l’attore e ignorando i gusti dello spettatore, difficilmente la qualità finale sarà apprezzata. Il conflitto diventerà inevitabile.
Il regista che vuole controllare e decidere sempre tutto finisce per non ascoltare le esigenze di libera espressione degli altri e resterà prigioniero delle proprie paure. Raramente si avventurerà in territori inesplorati, rimandando spesso azioni concrete a quando sarà illusoriamente “tutto perfetto”. Mai.
Soprattutto, non riuscirà a godersi la bellezza che lo circonda o che lui stesso contribuisce a creare e per questa ragione sarà spesso insoddisfatto, anche di fronte ad esperienze di grande valore che la Vita concederà.
L’attore protagonista
Il personaggio al centro della locandina mette fisicamente in scena la trama che il regista ha pensato per lui.
Ciò non gli impedisce di poter inserire quella giusta dose di improvvisazione che rende l’arte degna di essere tale.
Rappresenta la parte di noi dedicata all’azione, alla concretezza, ma anche alle emozioni vissute direttamente, grazie al contatto diretto costante con l’esperienza.
Insomma, oneri e onori.
Stare sempre sotto i riflettori potrebbe non sempre essere vissuto serenamente ma, se ben guidato dal regista, le luci della ribalta fanno meno paura.
L’opera del regista, del quale ha bisogno di fidarsi e sentirsi ascoltato e rispettato, gli consente una direzione chiara e consapevole.
Senza guida e senza spettatore, le sole azioni, improvvisate e istintive, si trasformeranno presto in un susseguirsi di reazioni in preda al pilota automatico.
Lo spettatore
Possiamo definirlo l’osservatore compassionevole.
A me piace immaginarlo mentre si siede in prima fila e si gode lo spettacolo.
Da profondo conoscitore, sa riconoscere i limiti della regia, del protagonista ma sa anche apprezzare gli sforzi prodotti per costruire la migliore rappresentazione possibile.
Può comunicare direttamente con gli altri due, è una sorta di spettatore-tifoso.
Sa valorizzare i meriti, applaudire, premiare e festeggiare con entusiasmo.
Sa comprendere i momenti di difficoltà e non infierisce, cercando sempre la critica costruttiva.
Se riesce a rivestire questo ruolo in modo equilibrato, senza cadere nella trappola del giudizio censorio o dell’entusiasmo ad oltranza, si guadagnerà presto fiducia e rispetto.
Lo spettatore guarda, aiuta a correggere, incoraggia, si congratula.
Senza un regista e un attore ben presenti nei rispettivi ruoli, rischia di non compiere scelte e di non agire in prima persona.
Lo spettatore apatico può anche addormentarsi e lasciare che lo spettacolo vada avanti senza fornire alcun riscontro. In questo modo l’esistenza sarà determinata dagli altri e si finirà con il vivere la Vita di qualcun altro.
Per il nostro equilibrio, occorre che ognuno dei ruoli sia svolto con costanza e attenzione, concedendogli uguale spazio e tempo.
Se al contrario uno dei tre ha il sopravvento rispetto agli altri non saremo molto centrati.
Vi riconoscete?
Siete consapevoli di come e quando agite da regista, da attore protagonista o da spettatore?
Quale parte vi viene meglio? E in quale pensate di poter fare dei progressi?
Se volete migliorare la convivenza dei vostri tre personaggi, qui potete scaricare gratuitamente alcuni esercizi di mindfulness.
Come sempre, buona pratica.